Il diritto di precedenza del lavoratore assunto a tempo determinato

L’Art. 24 del D.lgs 81 2015 prevede testualmente:

Diritti di precedenza

Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o piu’ contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attivita’ lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni gia’ espletate in esecuzione dei rapporti a termine.

(…)

l diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nell’atto scritto di cui all’articolo 19, comma 4, e puo’ essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volonta’ in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro nei casi di cui ai commi 1 e 2, ed entro tre mesi nel caso di cui al comma 3. Il diritto di precedenza si estingue una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto”.

Il lavoratore ha pertanto diritto, anche ex art. 2932 c.c. ad essere assunto dall’ex datore di lavor alle medesime condizioni contrattuali e adibito alle mansioni in precedenza svolte e ha diritto (anche a titolo di risarcimento del danno) alle retribuzioni medio tempore maturate dalla data della cessazione sino alla data della effettiva assunzione.

Al riguardo si richiama una recente ordinanza della Suprema Corte, la n. 9193 del 13 aprile 2018, che dà nuovo vigore all’ormai risalente ma consolidato principio giurisprudenziale che vede il datore di lavoro, che ritardi ingiustificatamente l’assunzione del lavoratore, obbligato al risarcimento del danno da questi subito, ravvisabile nelle retribuzioni perdute a far data dalla domanda di assunzione (da ultimo Cass. civ. S.U. 4 aprile 2017 n. 8687).

La Corte osserva che posto che il “danno”, in linea generale, è la perdita dell’id quod interest, ovvero di una utilità, non è irragionevole sostenere che in caso di utile collocamento nella graduatoria del concorso, la lavoratrice avrebbe percepito la retribuzione e che quindi la sua ingiustificata esclusione abbia provocato un danno ex art. 2043 c.c. pari a quest’ultima.

Dal fatto illecito fosse il diritto all’assunzione, e non quello alla retribuzione – secondo la distinzione teorica contenuta nel precedente giurisprudenziale invocato dalla società ricorrente a cui la Corte non ha ritenuto di dare continuità –, esso ha provocato come conseguenza la perduta possibilità di guadagnare e il danno da perduta possibilità di guadagnare, quale lucro cessante, va commisurato alle retribuzioni perdute.

Sulla scia di un risalente e cospicuo orientamento giurisprudenziale, la Corte di Cassazione, nella citata ordinanza n. 9193/2018, ha concluso affermando che “il datore di lavoro, che ritardi ingiustificatamente l’assunzione del lavoratore, è tenuto a risarcire il danno che questi ha subito durante tutto il periodo in cui si è protratta l’inadempienza datoriale, a far data dalla domanda di assunzione. Tale pregiudizio deve essere determinato, senza necessità di una specifica prova da parte del lavoratore, sulla base del complesso retributivo che il richiedente avrebbe potuto conseguire, ove tempestivamente assunto, salvo che il datore di lavoro adempia l’onere, interamente gravante su di lui, di provare che, nelle more, il lavoratore abbia avuto altra attività lavorativa.”

In subordine il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla illecita condotta tenuta dal datore di lavoro.

Il diritto di precedenza sussiste, ad opinione dello scrivente, anche in ipotesi di trasformazione a tempo indeterminato di rapporti a tempo determinato nel periodo di vigenza del diritto di precedenza.

Infatti la trasformazione volontaria del rapporto di lavoro produce i suoi effetti ab origine, il che significa, che si tratta di rapporti quindi che per effetto della trasformazione, sono a tutti gli effetti a tempo indeterminato sotto ogni profilo giuridico e normativo e ciò dalla data iniziale del rapporto.

A conferma di ciò consta ad esempio l’anzianità di servizio che decorre dalla data inziale del rapporto. Inoltre la normativa applicabile al rapporto di lavoro è individuata sulla base della data iniziale del rapporto (sul punto in tema di applicazione di art. 18 L. 300/70 o Jobs act nella ipotesi di conversione giudiziale a tempo indeterminato vedi Cassazione sentenza n. 823 del 16.01.2020).

Non si tratta quindi di procedere ad una interpretazione estensiva della norma, ma semplicemente di dare il corretto significato al termine ‘trasformazione’.

La trasformazione, infatti implica la mera estinzione/cancellazione del termine dal contratto.
Il termine, come noto, è una clausola accessoria al contratto di lavoro e il suo venir meno semplicemente produce l’effetto di realizzare sin dall’inizio un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (ovvero la forma ordinaria di rapporto di lavoro).

Occorre, inoltre, avere ben presente la ratio della norma in esame che è evidentemente quella di dare la precedenza, in caso di nuove assunzioni, a coloro che già avevano svolto attività lavorativa.

A ragionare diversamente, ovvero secondo l’interpretazione restrittiva , la norma semplicemente non troverebbe applicazione, infatti il datore di lavoro potrebbe procedere ad un contratto a termine acausale per qualche mese e poi alla trasformazione a tempo indeterminato, essendo in tal modo svincolato dall’obbligo ex art. 24 citato.
La norma, in sintesi, secondo tale interpretazione non produrrebbe alcun effetto.