Il novellato art. 4 dello Statuto dei lavoratori prevede testualmente:
“1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali (…). In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro (…).
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
In sintesi;
A.
I controlli a distanza possono essere utilizzati soltanto ove vi sia un accordo con le o.s. o previa autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro.
B.
Non è necessario l’accordo nel caso si tratti di strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e di strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
C.
In ogni caso le informazioni sono utilizzabili a condizione che sia data adeguata informazione al lavoratore in applicazione della disciplina sulla privacy.
Quanto all’utilizzo dello strumento del GPS si evidenzia:
I
La Suprema Corte (sentenza 5 ottobre 2016, n. 19922) ha sancito che il datore non può utilizzare il Gps per controllare il lavoratore:
“In secondo luogo questa Corte ha gia’ affermato il principio che si condivide e cui si intende dare continuita’ secondo il quale “l’effettivita’ del divieto di controllo a distanza dell’attivita’ dei lavoratori richiede che anche per in cosidetti controlli difensivi trovino applicazione le garanzie della L. n. 300 del 1970, articolo 4, comma 2; ne consegue che, se per l’esigenza di evitare attivita’ illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro puo’ installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attivita’ lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratori medesimi” (Cass. n 16622/2012; cfr. nonche’ in senso conforme Cass. n. 4375/2010). In terzo luogo appare evidente che il controllo permesso dal sistema gps sulle autovetture della societa’ permetteva un controllo a distanza dell’ordinaria prestazione lavorativa, non la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro; non si puo’, infatti accedere, alla tesi per cui fossero in gioco il patrimonio e l’immagine dell’azienda posto che eventuali pregiudizi agli stessi sarebbero in realta’ derivati solo dalla non corretta esecuzione degli obblighi contrattuali e non gia’ da una condotta specifica quale appropriazioni indebite del patrimonio aziendale, furti lesione della riservatezza di dati societari etc.” (doc. 1).
II
Inoltre l’Ispettorato del Lavoro è intervenuto con la Circolare n. 2 del 7 novembre 2017 confermando che i sistemi di localizzazione in esame sono da intendersi come elementi aggiunti agli strumenti di lavoro non necessari all’esecuzione dell’attività lavorativa e che, come tali, vanno collocati nel campo di applicazione dell’art. 4, comma 1 per il quale le relative apparecchiature possono essere installate solamente in caso di accordo con le rappresentanze sindacali e, in assenza, previa autorizzazione della DTL:
“(…) si può ritenere che i sistemi di sistemi di geolocalizzazione rappresentino un elemento “aggiunto” agli strumenti di lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale per l’esecuzione dell’attività lavorativa ma, per rispondere ad esigenze ulteriori di carattere assicurativo, organizzativo, produttivo o per garantire la sicurezza del lavoro.
Ne consegue che, in tali casi, la fattispecie rientri nel campo di applicazione di cui al comma 1 dell’art.4 L. n. 300/1970 e pertanto le relative apparecchiature possono essere installate solo previo accordo stipulato con la rappresentanza sindacale ovvero, in assenza ditale accordo, previa autorizzazione da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro (art. 4,comma 1, della L. n. 300/1970 come modificato dall’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 185/2016)”.
III
Sull’argomento, si trattava sempre di un caso di installazione di GPS, anche il Garante della Privacy è intervenuto con il Parere n. 138 del 2017 ribadendo che:
“Resta fermo inoltre che ciascun Comune dovrà adempiere agli obblighi previsti dalla disciplina lavoristica (ai sensi dell´art. 4, della Legge 20 maggio 1970, n. 300) con riferimento ai dipendenti impiegati nel Servizio di Polizia locale svolto in forma associata”.
Inoltre il Garante ha sottolineato:
– l’importanza delle comunicazioni ai dipendenti coinvolti dal trattamento di geolocalizzazione di un’idonea informativa, in via orale ovvero scritta, circa le finalità del trattamento, la natura “obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati”, le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere, l’elenco dei soggetti che possano entrare in contatto con i dati (art. 13);
– la necessità della garanzia, in favore del dipendente, dell’esercizio dei diritti ex art. 7 del Codice (tra i quali, il diritto di opporsi, per motivi legittimi, “al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta”).