
L’art. 2 della Legge n. 604/1966 obbliga il datore di lavoro a intimare il licenziamento in forma scritta al prestatore di lavoro. Il terzo comma espressamente recita che “Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace“.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 15673/2016, ha ritenuto di ampliare l’applicabilità dell’art. 32 della Legge n. 183/2010 anche al caso del licenziamento orale. Tale orientamento, non condiviso dalla Cassazione, si eleva partendo dal disposto del secondo comma che espressamente estende i termini di impugnazione stragiudiziale di 60 giorni (e dei successivi 180 giorni per il ricorso giudiziale) “anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento”.
Tuttavia, secondo l’orientamento dominante e più recente della giurisprudenza di legittimità “essendo il licenziamento inefficace (“tamquam non esset”), siccome nullo per difetto di un requisito “ad substantiam”, l’unico termine che il lavoratore che intenda agire per far valere tale inefficacia è tenuto a rispettare è quello prescrizionale” (Cass. n. 1757/1999; Cass. n. 18087/2007; Cass. n. 155/2009; Cass. Ord. n. 523/2019).
Ne deriva che nei casi di licenziamento orale il lavoratore possa impugnare l’estromissione dal lavorativo senza incorrere nella decadenza dei 60 giorni, prevista invece per il licenziamento intimato regolarmente nella forma scritta. Si individua come unico limite temporale il termine di 5 anni della prescrizione breve.