Risarcimento del danno per contratti a termine illegittimi nel pubblico impiego

La Suprema Corte (sentenza n. 19977/2020)  ha stabilito che nell’ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine alle dipendenze di una pubblica amministrazione l’efficacia dissuasiva richiesta dalla clausola 5 dell’Accordo quadro recepito nella direttiva 1999/70/CE postula una disciplina agevolatrice e di favore, che consenta al lavoratore che abbia patito la reiterazione di contratti a termine di avvalersi di una presunzione di legge circa l’ammontare del danno. Il parametro di cui all’art. 18 dello St. lav. è da ritenersi incongruo perché per il dipendente pubblico a termine non c’è la perdita di un posto di lavoro.

Deve invece farsi riferimento all’art. 32, comma 5, della I. n. 183 del 2010 che appunto riguarda il risarcimento del danno in caso di illegittima apposizione del termine individuando in quest’ultima una disposizione idonea allo scopo, nella misura in cui, prevedendo un risarcimento predeterminato tra un minimo ed un massimo, esonera il lavoratore dall’onere della prova, fermo restando il suo diritto di provare di aver subito danni ulteriori.